Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 26 febbraio 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Primo studio dMRI sui cambiamenti nel cervello dei cosmonauti per i voli spaziali. I cambiamenti di connettività strutturale, che si verificano nel cervello per effetto di missioni spaziali di lunga durata in assenza di gravità, sono stati analizzati in un progetto di collaborazione tra un gruppo di ricerca internazionale guidato da Floris Wuyts dell’Università di Anversa e la European Space Agency (ESA). L’alterazione della connettività strutturale del cervello, con i cambiamenti più rilevanti nei tratti di sostanza bianca incluso il tratto sensomotorio, è stata accuratamente vagliata e descritta in un articolo in pre-pubblicazione su Frontiers in Neural Circuits.

Questo è il primo studio a impiegare l’evidenza della trattografia e costituirà un modello per le prossime ricerche in questo campo. In passato, gli studi condotti con semplice MRI avevano suggerito neuroplasticità e compressione dei giri (Koppelmans et al., 2016), oppure, nel dopo volo, restringimento del solco centrale, della cisterna sopravermiana e del solco calcarino (Roberts et al., 2017).

L’adattamento del cervello all’assenza di gravità è stato studiato mediante diffusione in risonanza magnetica nucleare (dMRI) con la tecnica della trattografia differenziale. 12 cosmonauti che hanno trascorso in media sei mesi nella Stazione Spaziale Internazionale sono stati sottoposti a studio MRI cerebrale prima del volo, dieci giorni dopo il ritorno e poi dopo sette mesi. Cambiamenti evidenti sono stati rilevati nel corpo calloso, nel fascicolo arcuato, nei tratti corticospinale, corticostriatale e cerebellare. [Doroshin A., et al., Front. Neural Circuits – AOP doi: 10.3389/fncir.2022.815838, 2022].

 

Quanto esercizio motorio è necessario per conservare la memoria col passare degli anni? I benefici dell’esercizio motorio costante contro l’invecchiamento cerebrale e il declino cognitivo fisiologico sono stati provati da decine di autorevoli studi, ma molti si chiedono qual è la quantità minima di allenamento necessaria per conservare buone prestazioni di memoria episodica, ossia di memoria autobiografica. Gli autori di uno studio promosso dall’Università di Pittsburgh hanno risposto alla domanda indicando nell’esercizio aerobico tre volte la settimana la misura sufficiente. [In Neuroscience News e Aghjayan S. L., et al., Communications Medicine 2, 15, 2022].

 

Scoperte le basi molecolari della vascolarizzazione del cervello umano. Il sistema vascolare cerebrale è di massima importanza in medicina in quanto le sue disfunzioni e lesioni sono causa di disabilità e morte, ma fino ad oggi non si è potuto disporre di una mappa molecolare dei vasi del cervello. Andrew C. Yang e colleghi vi hanno provveduto lavorando su 143.793 trascrittomi da singolo nucleo, da 25 campioni di ippocampo e corteccia provenienti dai cervelli di 9 pazienti affetti da malattia di Alzheimer e 8 senza alcun disturbo cognitivo. I ricercatori hanno individuato i principi dell’organizzazione arteriovenosa umana; hanno scoperto due sottotipi di periciti umani, marcati dal trasporto dei soluti e dall’organizzazione della matrice extracellulare, e hanno definito la specializzazione dei fibroblasti perivascolari contrapposta a quella dei fibroblasti meningei.

L’atlante realizzato in base ai dati ottenuti ha rivelato differenti mediatori di rischio per la malattia di Alzheimer.

L’insieme dello studio, troppo articolato per poter essere efficacemente esposto in sintesi, ha definito per la prima volta in maniera organica le basi molecolari della struttura vascolare del cervello, fornendo informazioni che saranno preziose per la conoscenza fisiologica, patologica e terapeutica. [Yang A. C., et al., Nature – AOP doi: 10.1038/s41586-021-04369-3, 2022].

 

Una risposta da Lorenzo L. Borgia a una domanda su come contano gli animali e i lattanti. Non so se è corretto definire un “contare” la stima di numerosità, comprovata dalla preferenza per i numeri più alti di oggetti-ricompensa; so per certo che la sperimentazione ha dimostrato che non si tratta di un epifenomeno o di un’apparenza dovuta all’apprezzamento delle dimensioni, del peso o della superficie di spazio occupata.

A proposito della metafora dell’accumulatore per descrivere il meccanismo adoperato da lattanti e animali, nel breve spazio che mi viene concesso tra le “Notule” posso solo rassicurare la lettrice che non si tratta di una “vaga ipotesi”, ma di un rigoroso modello matematico, le cui equazioni consentono di prevedere con precisione le variazioni del comportamento animale quali funzioni della dimensione del numero e della distanza numerica.

Rimane il fatto che, in questo modo, un ratto non sbaglia mai le stime di numerosità entro le quattro unità, ma da quattro in poi sembra avere difficoltà insormontabili. Stanislas Dehaene ritiene che ciò sia dovuto all’impossibilità per questo roditore di rappresentarsi i numeri 4, 5 e 6 in un “formato” individuale e discreto quale quello dell’astrazione simbolica umana. [Lorenzo L. Borgia, BM&L-Italia, febbraio 2022].

 

Intervento del presidente al “Seminario sull’Arte del Vivere” sul peccato in Seneca. La settimana scorsa è stato affrontato il problema della coscienza morale in Seneca, prendendo le mosse dalle parole di una lettera a Lucilio, in cui confronta il suo pensiero con quello di Epicuro. Al seminario è stato proposto questo commento conclusivo: “È evidente in entrambi i filosofi la differenza con la concezione che attinge alla radice antropologica giudaico-cristiana, nella quale la coscienza morale è riflesso del rapporto d’amore dell’uomo col suo Creatore, dal quale deriva il rimorso come coscienza del peccato, ovvero offesa arrecata a Dio, e solo secondariamente preoccupazione di sanzioni per aver infranto delle leggi umane”.

Al riguardo, il nostro presidente è intervenuto con un approfondimento sul peccato in Seneca che riportiamo volentieri qui di seguito.

 

Pur apprezzando la puntuale osservazione sulla differenza tra la paura della pena tipica della sensibilità pagana e il rimorso del peccato secondo la spiritualità cristiana, sento di dover precisare che Seneca, a differenza dei maggiori stoici che lo hanno preceduto, ha un profondo senso del peccato e, come i cristiani, ritiene che l’uomo sia essenzialmente peccatore. Mi sarei astenuto dall’intervenire su questo punto se la questione del peccato in Seneca non fosse parte integrante della sua concezione della coscienza.

L’approccio morale di Seneca alla dimensione interiore attinge all’etica popolare che riconosce una “voce della coscienza”, prende forma attraverso la filosofia di Sestio che, seguendo i pitagorici aveva introdotto la pratica quotidiana dell’esame di coscienza, si definisce intorno alla dicotomia di vizi e virtù, e soprattutto si affida al potere della voluntas, la chiave di volta per l’esercizio che conduce alla saggezza. Il concetto di volontà consente a Seneca di superare l’approccio della vecchia Stoa che riconduce il bene alla sola conoscenza, secondo le due note definizioni di virtù, quale “scienza dei beni e dei mali”, e di vizio, quale “ignoranza dei beni e dei mali”. In tal modo può affrontare il problema universale del conoscere il bene e non riuscire a compierlo per difetto di volontà. La parola latina voluntas non ha un equivalente nella lingua greca che intercetti la stessa area semantica, e l’uso che ne fa Seneca, come ricordava Max Pohlenz, ripreso poi da Giovanni Reale, esprime un’esperienza etica nuova la cui calibratura non ha riscontri nello spettro concettuale paradigmatico dei maggiori filosofi ellenici. Donini, al riguardo, sostiene addirittura che la nozione di volontà delle Lettere e del De beneficiis dissolve il razionalismo stoico tradizionale in un nuovo moralismo, inteso – aggiungo io – ad acquisire saggezza.

Mi era necessario introdurre il concetto di volontà in Seneca, perché è proprio questa facoltà – che secondo il filosofo di Cordova non si apprende (velle non discitur) – a costituire il presidio irrinunciabile per combattere, nel corso della vita intera, la battaglia contro il peccato. La volontà è la forza a sostegno della virtù che si oppone alla debolezza di cedere alle passioni, cadendo nel peccato.

Dunque, volontà e peccato distinguono il pensiero dell’autore delle Lettere a Lucilio da quello dei filosofi greci, compreso Epicuro, perché rompono lo schema dell’intellettualismo ellenico[1], per il quale la conoscenza del bene era sufficiente a diventare saggi ed essere al riparo dalla possibilità di compiere il male, che riguardava solo gli stolti, in quanto ignoranti. Il peccato in Seneca non è solo l’oggettivazione del male, ma anche una questione che interessa tutta l’umanità: siamo tutti peccatori, sia gli stolti che i saggi; e il mondo si divide in persone di buona volontà e persone di cattiva volontà, ossia tra coloro che lottano contro il peccato e coloro che lo assecondano. Altro aspetto a mio avviso interessante è questo: la vecchia Stoa definisce il saggio in un modo che il filosofo di Cordova ritiene possa appartenere solo all’ordine dei modelli ideali, poco attraenti quando ci si occupa di persone reali che, indipendentemente dai progressi compiuti sulla via della virtù, rimangono peccatrici.

Leggiamo alcune frasi illuminanti tratte da La Clemenza (III, 4, 1-4, in Tutte le Opere, pp. 318 e segg.): “Se vogliamo essere giudici giusti in tutte le situazioni, in primo luogo dobbiamo convincerci che nessuno di noi è senza colpa. […] Ci sdegniamo se ci è stata inflitta un’ammonizione o una pena e, nello stesso tempo, pecchiamo di nuovo, aggiungendo al male fatto l’arroganza e la ribellione. […]

Abbiamo tutti commesso delle colpe, chi più gravi, chi più lievi, alcuni deliberatamente, altri spinti dal caso o trascinati dalla malvagità altrui […]; e non solo abbiamo commesso colpe, ma ne commetteremo finché vivremo.

Anche se qualcuno ha ormai purificato il suo animo così bene che nulla lo può più turbare o ingannare, tuttavia è giunto all’innocenza attraverso la colpa”.

Dando l’immagine di sé quale uomo che è giunto solo al terzo dei cinque gradi che consentono di pervenire alla saggezza, Seneca ci dice che il saggio inteso quale uomo perfetto in cui alberga solo virtù non esiste, mentre esiste l’uomo che tende ad allontanarsi sempre più dal peccato.

Infine, a proposito della somiglianza con il Vangelo, e in particolare con l’insegnamento che si trae dall’episodio dell’adultera condannata alla lapidazione: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei” (Giovanni 8, 7), è necessario ricordare che per Seneca il fine della cura dell’anima attraverso la filosofia è ottenere la felicità in questa vita, mentre la missione del cristiano sulla terra è compiere la volontà di Dio, perdendo questa vita per acquistare quella eterna.

Un’ultima annotazione la devo come risposta ad una lettrice delle notule: l’epistolario apocrifo tra San Paolo e Seneca è in realtà un falso storico, più che un’invenzione letteraria. [Giuseppe Perrella, BM&L-Italia, febbraio 2022].

 

Notule

BM&L-26 febbraio 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Secondo l’efficace formula di Giovanni Reale.